Moneyball è figlio del best seller “MoneyBall: The art of winning an Unfair Game”, e la casa produttrice Sony aveva scartato due nomi per la regia, ma quando scelse Bennett Miller, il regista portò con sé anche il montatore, Christopher Tellefsen, con il quale aveva lavorato su Capote. I due collaboratori decisero di identificare subito gli elementi umani che avrebbero aggiunto complessità emotiva al film, e l’urgenza di avere una storia che sarebbe stata davvero “dentro il baseball”.
L’effetto è stato quello di avere un film campione di incassi al botteghino, e sei nomination agli Academy Awards, fra i quali Miglior Film e Miglior Montaggio, oltre che un plauso alle interpretazioni magistrali di Brad Pitt e Jonah Hill.
Scavare a fondo nel montaggio. Il caso di Moneyball
Tellefsen ha lavorato con Avid anche per il montaggio di questo film, essendo lui un montatore di lungo corso con Avid, sin dal 1995. Per lui il passaggio dalla pellicola al digitale non è stato doloroso, avendo fatto tutto il necessario per passare dall’uno all’altro. Secondo il montatore, il segreto è nello strumento ScriptSync: chiunque viene assunto come suo apprendista o secondo assistente, deve essere un mago di questo strumento. Su Moneyball è stato Mat Greenleaf, che lo ha aiutato in ogni aspetto del film.
Appena realizzato il primo taglio, lo strumento aiuta a reagire immediatamente ad ogni scena e costruire la prima stesura.
Il montatore vuole confrontare ogni ripresa con la successiva, in maniera molto rapida, e solo questo strumento glielo permette: il bello della tecnologia è tutto qui.
Non ha sempre lavorato con Avid, però. L’ultimo film curato senza è stato Kids, di Larry Clark, ma su Larry Flint: oltre lo scandalo, di Milos Forman, il regista era irremovibile sul fatto di avere un multicamera. Avid 6.0 al tempo lo permetteva, ma non era ancora sviluppato in quel senso. Quindi scelsero Lightworks con Heavywork, utilizzato spesso dalle televisioni. Usarono quel sistema sia per Larry Flint che per Man on the Moon.
Anche il regista di War Horses si è trovato bene una volta scoperto il montaggio non lineare!
Oggi però Tellefsen sa benissimo che Media Composer riesce addirittura ad eseguire contemporaneamente un multicamera da quattro unità e quattro quadranti in uno schermo!
Nella lavorazione, il montatore fa una ricerca nei quotidiani e prende appunti, per capire quali sono i momenti che risaltano nella storia. Si appunta quale potrebbe essere l’inizio, quale il mezzo e quale la fine di ogni scena. Quando il materiale si trova in Avid, prima di passare attraverso gli assistenti o il programma Scriptsync, comincia con il taglio. Tellefsen piace tagliare rapidamente, spesso sul set, in modo che se qualcosa va male, si può risolvere prima di smantellare il set.
Sulla prima stesura, il regista non lavora mai con lui, per via del ritmo estenuante delle riprese. Non c’era molto tempo per sedersi e guardare i quotidiani, avrebbero fatto un’eccezione solo se fosse stato disperato. Dopodiché, i due hanno lavorato molto insieme: sapevano di avere del gran materiale, e la sfida era eccitante, come lo sono state anche le performance.
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Ovviamente, i due avevano già discusso e parlato della struttura del film. Il personaggio interpretato da Brad Pitt era molto specifico, ed hanno lavorato insieme per realizzare nella perfezione la scena che sarebbe stata quella chiave (lui seduto nel camioncino, che ascolta il CD della figlia). Lì bisognava far credere al pubblico che la decisione che avrebbe preso, l’avrebbe fatto con gli occhi, senza effettivamente dirlo.
I principi narrativi per arrivare ad un momento così devono essere lavorati a maglia in ogni aspetto e ogni scena e ogni fotogramma. Quindi il trucco è quello di identificare il tipo di materiale che sarà necessario sottolineare durante il montaggio.
Tellefsen dice che durante quel momento, si ha quel senso di sforzo e di ricerca in uno scavo. È un processo, dice, che è la ricerca del carbone del montaggio.
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