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Il montaggio iperfocalizzato de Il Ponte delle Spie

A 80 anni, Michael Kahn è uno dei maggiori montatori di Hollywood. Fedele al regista Steven Spielberg, è stato nominato più volte agli Academy Awards e ne ha vinti diversi.

Dal 1976 ha lavorato con Spielberg su Indiana Jones, Jurassic Park, Minority Report e altri.

Nelle interviste on line sull’ultima fatica del regista americano, Il Ponte delle Spie, con Tom Hanks, Kahn descrive il film come “patriottico”. Rimasto sempre sul set diviso fra Manhattan, Germania e Polonia, spiega che lui e Spielberg hanno sempre lavorato a stretto contatto: avevano infatti le due roulotte vicine, quella del regista e quella del team di montaggio, piena di sistemi Avid montati su.

Regista e montatore lavoravano appena fosse possibile, anche durante le pause pranzo. Il metodo fra loro è rimasto sempre lo stesso.

Il montaggio viene iniziato durante le riprese: se, ad esempio, si comincia a girare il Lunedì, Spielberg seleziona alcuni girati, che arrivano immediatamente al team di montaggio, e il Martedì e il Mercoledì il regista può già vedere qualche taglio di montaggio.

La cosa positiva che kahn racconta, è che il regista non entra mai in sala di montaggio dicendo: “Voglio che questa scena sia tagliata così”. Il potere decisionale viene lasciato completamente al team, e al capo montatore.

Ciò che Spielberg fa, è comunicare idee, o sensazioni, e lasciare che il ritmo venga preso dal montaggio.

Anche Lincoln, montato da Kahn, ha un montaggio incredibile. Scopri perché!

Il montaggio iperfocalizzato de Il Ponte delle Spie

Una particolarità che caratterizza il lavoro di Kahn è la scelta di non avere una “scena chiave”, cioè focalizzarsi su una scena invece che un’altra. Lui crede infatti che ogni scena debba essere trattata con la medesima attenzione, e che ogni scena sia quella fondamentale per il film. Sarà poi l’unione di tutte le scene a dettare cosa eliminare o cosa tenere nel film.

In questo senso il lavoro di montaggio diviene “iperfocalizzato”, cioè inteso a sottolineare ogni scena come scena madre, e poi costruire il film per sottrazione. La conseguenza può anche essere quella poi di essere costretti ad eliminare scene magari struggenti, o molto spettacolari, che però non si sposano bene con l’economia della storia del film.

Spielberg racconta di aver pensato allo stile di montaggio che i due eseguono, come ad un lungo respiro: accade infatti spesso di vedere lunghe inquadrature che lasciano molto spazio alle interpretazioni degli attori. Kahn infatti spiega che quello che vogliono sempre comunicare è lo stato emotivo del personaggio interpretato, e per farlo hanno bisogno degli “occhi”, per far entrare lo spettatore nel punto di vista del personaggio.

Questo realismo si percepisce immediatamente nel lavoro impressionante al montaggio di Kahn. Considerando le sfide creative che ha dovuto affrontare nella costruzione di tensione, e raccontare una storia che in gran parte ruota attorno aule di tribunale, intense discussioni, trattative, e momenti di paura di contemplazione.

Tom Hanks è il protagonista anche di Captain Phillips. Conosci le particolarità del montaggio del film?

Non c’è stata fretta nel ritmo o si è carcato di fare tagli veloci. Si sono rivolti alle battute di dialogo [nella sceneggiatura di Matt Charman e Ethan Coen e Joel Coen] e giocato sui personaggi.

Spesso, in certi film, non si tiene conto dei personaggi, ma in questo caso il focus era tutto su di loro. Il lavoro è stato facilitato in questo, perché la scrittura era così ottima, e le prestazioni sono state così incredibili.

Per fare ciò, il montatore assicura che lui e il regista hanno visionato il girato mille volte prima di prendere una decisione, di sentirsi fortunato a poter lavorare con un talento simile e di essere spesso sulla stessa lunghezza d’onda.

Il regista sa come comunicare con la sala di montaggio in maniera perfetta: non è infatti un segreto che molte delle riprese vengono eseguite in un certo modo proprio per venire incontro al montaggio. Altre volte, è Kahn ad uscire dalla sala di montaggio per andare da Spielberg e domandargli: “Come desideri questa scena?”.

È spesso descritto come un matrimonio. E forse è proprio così: un passo alla volta, un taglio alla volta, la relazione crea certi automatismi che rendono i progetti più facili da realizzare, e l’esperienza e il conoscersi meglio rendono più semplici certi passaggi.

Se desideri conoscere il mestiere del montatore e del filmmaker, iscriviti alla Romeur Academy!

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