Dody Dorn è una montatrice con una grandissima esperienza alle spalle, con film come ‘Memento’, ‘Le Crociate – Kingdom of Heaven’ e ‘Insomnia’. Una delle ultime fatiche è stato ‘Fury’, il film di David Ayer sullo sfondo della seconda guerra Mondiale. I due avevano già lavorato insieme, in film come ‘Sabotage’, e ‘End of Watch – Tolleranza zero’ e durante la lavorazione del montaggio di ‘Fury’ sono rimasti a strettissimo contatto ad Hollywood, per essere più rapidi nel lavoro.
Il team di lavorazione al montaggio, sotto Dorn c’erano il secondo montatore Rob Bonz, e gli assistenti Robert Benedetto, Yon Van Kline ed Emma McCleave, che sono stati assunti dopo il trasferimento del set nel Regno Unito.
Il montaggio intercontinentale di ‘Fury’
“Ci passavamo il materiale avanti e indietro fra noi due montatori, e in fase di perfezionamento”, dice Dorn, sulla gestione delle riprese internazionali. “Ero sul set a fare tre cose diverse contemporaneamente. Tagliavo le scene in Avid Media Composer, preparavo le reference delle clip, e effettuavo un video tap cutting (tecnica del montaggio su video, quasi contemporanea alle riprese, nda) in modo che il regista potesse avere un’idea di ciò che stava ottenendo”. Anche se la tecnica del video-tap era stata utilizzata in Australia, Dorn dice di averla messa a punto “senza costrizioni. Era uno dei motivi per cui mi avevano chiamata.”
In definitiva, sono stati utilizzate 16 postazioni Avid Media Composer, distribuiti in 4 differenti location in giro per il mondo, durante la realizzazione, incluso un portatile da utilizzare nel momento che il regista lo chiedeva, in modo particolare durante i weekend. Per effettuare i tagli in video tap venivano utilizzati materiali ripresi e gestiti attraverso un tool per file Avid AMA. In quelle postazioni venivano anche realizzate le color correction, come anche i primi effetti visuali grezzi, e aggiustamenti e correzioni come parte dell’intero processo di montaggio. Anche l’audio e il primo balance fra musica e effetti è stato inizialmente preparato lì.
Alla fine, la sala di montaggio nel Regno Unito è diventata di fatto “la stanza degli screening. Ogni volta che un membro del tema voleva vedere qualcosa, veniva da noi. È stato divertente, perché all’inizio pensavo che, calendario alla mano, non stavo rispettando le scadenze – ma ovviamente non lo stavo facendo. Alcune caratteristiche di Avid Media Composer come “match back” e “reverse match back” ci ha fatto risparmiare molto tempo, e ci ha dato la possibilità di tornare a qualsiasi punto del film e vedere le cose con una luce nuova.”
Il montaggio e la regola del 6. La conosci?
A livello tecnico, la collaborazione internazionale è stata resa complicata dal desiderio del regista di lavorare con particolari colorist, Yvan Lucas e Tom Rieser, residenti a Los Angeles. Di conseguenza i rulli di pellicola da 35mm venivano elaborati in Deluxe a Londra, scansionati e inviati alla eFilm a Los Angeles dove le scansioni venivano modificate con la color correction, codificate con il codec DNxHD di Avid, e sincronizzate con l’audio da presa diretta. I file, a loro volta, venivano inviate agli assistenti del montaggio a Los Angeles che organizzavano e ordinavano il materiale da inviare di nuovo alla sala di montaggio nel Regno Unito.
Nel corso di tre mesi e mezzo di riprese, i giorni effettivi di riprese sono stati 69, e nel primo giorno la produzione ha girato tantissimo. “Abbiamo avuto un iniziale processo di gestione delle riprese quotidiane abbastanza complesso” osserva Dorn. “Non riuscivamo a montarli velocemente. Ci sono voluti 5 giorni per ottenere il primo giorno. Presto però il processo si è semplificato, e con la differenza di fuso orario di 8 ore, avevamo una sala di montaggio in funzione 24 h al giorno, distribuita in 4 location ‘globali’. Usavamo titoli all’interno di Media Composer che localizzassero i vari dipartimenti coinvolti, per monitorare i vari compiti durante tutto il processo di montaggio, dandoci un flusso fluido di informazioni su tutta la linea”
Strutturalmente, il pubblico ha ragionevolmente percepito che Fury non è un film convenzionale, da un punto di vista emozionale. Tuttavia, spiega Dorn che il film “è stato pensato come una struttura in tre atti. Se dovessi dire dov’è il terzo atto, direi quando esplode la mina. È una scoperta che fai durante il processo, ne ho discusso molto con David (Ayer).” Sul ritmo delle interpretazioni dei protagonisti, il film è stato recepito come molto naturalistico e credibile: “ C’è stata molta improvvisazione all’interno dei confini della struttura della sceneggiatura. Piace molto a David, realizzare rappresentazioni naturalistiche.”
Per tanti altri aspetti, Fury è un film fatto alla “vecchia maniera”, con tecniche tradizionali. Girato in pellicola 35mm anamorfico, con lenti della serie G della Panavision, un altro esempio della naturalezza è il carro armato Tiger, vero e proprio cimelio storico, conservato presso il museo Bovington, che appare in una scena di una battaglia dove c’è una quasi totale mancanza di effetti speciali. Dorn spiega che “David ha fatto questo sforzo ed è riuscito ad essere più pratico possibile. Di conseguenza, ciò consente al pubblico di connettersi più profondamente con i personaggi, ad un livello emozionale più profondo. Questo aspetto da freschezza al film”.
Con questo metodo di montaggio intercontinentale del film, con quattro montatori, Dorn fa notare che “Quello non era il tipico scenario in cui c’è un montatore su ogni scena. Ci piace pensare a noi stessi come quelli che hanno lavorato integralmente, nello stesso modo dell’equipaggio del carro armato Fury. Ognuno ha contribuito in un modo che era significativo”.