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Il Grande Freddo è il miglior film sui social network

David Fincher e Matrix fatevi da parte: il capolavoro di Lawrence Kasdan ha anticipato la tecnologia, molti anni prima del Web 2.0

Tempo fa mi sono imbattuto in un interessante articolo su tecnologia e Cinema. Partendo da una scherzosa provocazione trovata su Web (“Ghostbusters è il miglior film sulle start-up”) l’autore ha provato a motivare la sua scelta nell’individuazione di Aliens come il miglior film di sempre sulla tecnologia. Meglio di Blade Runner, meglio di 2001: Odissea nello spazio. E mi ha convinto.

Non solo, mi ha ispirato ad individuare un film che parlasse di un altro aspetto fondamentale della tecnologia dei giorni nostri, ovvero l’utilizzo spasmodico dei social network. E a guidarmi in questo mio pensiero è stata l’osservazione dell’anima alla base del sistema del social networking, ovvero la condivisione. Molto banalmente, mi sono rivolto alla Treccani:

Si tratta di siti internet o tecnologie che consentono agli utenti di condividere contenuti testuali, immagini, video e audio e di interagire tra loro […] Sui s. n. gli utenti non sono solo fruitori, ma anche creatori di contenuti.

Il concetto di condivisione di contenuti attraverso una rete sociale, permettendo agli utenti della rete un’interazione praticamente paritaria e democratica è quindi l’essenza di questa tecnologia. In maniera del tutto naturale, ho pensato subito al film “Il Grande Freddo” come al miglior film di sempre sul social network. O meglio, è il film che prima di tutti li ha anticipati. E se scriverlo è strano, prova a dirlo ad alta voce.

I social network sono già stati trattati in molti film

Di certo esistono esempi molto più contemporanei e all’avanguardia. Scomodiamo pure David Fincher e The Social Network, oppure esempi più “sul pezzo” come The Matrix, Her, Catfish, Disconnect, Men, Women & Children e molti altri.

Per esempio, il mese scorso nelle sale italiane è uscito Unfriended, film interamente girato usando solo l’interfaccia di Skype, che non è un Social Network, ma ti fa capire quanto il Cinema (soprattutto quello internazionale) sia attento e ricettivo nei confronti della tecnologia Web 2.0.

Il cinema infatti ha sempre avuto l’affascinante capacità di lettura, a volte fortemente drammatica, altre volte invece lungimirante e sensibile, che permette al pubblico di osservare una varietà di punti di vista degli autori -sperando di creare poi la propria- distinti fra apocalittici ed integrati.

I contenuti delle persone che creano i social network

La cosa che resta però interessante è che tutti questi esempi portano poi sempre l’uomo, in relazione con la tecnologia che usa, sempre al centro di tutto. Proprio come l’esempio di Aliens, alle fondamenta di queste storie c’è l’uomo che utilizza la tecnologia.

Ed è per questo motivo che trovo affascinante l’idea che il miglior film sulla tecnologia alla base dei social network sia un film come Il Grande Freddo, dove più che la tecnologia in sé (il film è uscito nel 1983, Internet era ancora un bel po’ lontano) è la condizione umana costretta e invogliata alla condivisione, a preconizzare ciò che sarebbe arrivato circa 15-20 anni dopo.

La storia del film nasce da un tragico evento: un uomo, Alex si suicida. Nei titoli di testa vediamo tutti i sette protagonisti del film (otto, contando anche la compagna di Alex), separatamente, che vengono a conoscenza della notizia e si preparano a partire.

I protagonisti si incontreranno tutti al suo funerale, e decidono di passare assieme il weekend: sono uniti da una vecchia e profonda amicizia nata all’Università nei tardi anni ’60, e non si vedevano tutti insieme proprio dalla fine degli studi.

Fra di loro troviamo gli sposati Harold e Sarah (Kevin Kline e Glenn Close), che ospitano gli amici nella loro casa-vacanza dato che Alex si è ucciso in un appartamento attiguo, poi c’è l’attore di serie tv poliziesche Sam (Tom Berenger), il giornalista di magazine frivoli Michael (Jeff Goldblum), l’avvocato Meg che vuole avere un figlio (Mary Kay Place), la casalinga triste Karen (JoBeth Williams) e l’oscuro psicologo tossicodipendente Nick (William Hurt). La rimpatriata è quindi poi resa più numerosa dal marito di Karen, che abbandonerà presto la compagnia, e soprattutto dall’ultima fidanzata di Alex, Chloe (Meg Tilly) molto più giovane del resto del gruppo.

Durante il weekend i nostri vivranno appunto una serie di momenti di vita comune, nasceranno amori e verranno svelati segreti nascosti e taciuti da tempo, ma tutti gli episodi verranno continuamente puntellati dal tentativo di ricordare ed elaborare il tragico lutto e la figura misteriosa di Alex. Alla base del film i protagonisti si confrontano attraverso vecchi ricordi e momenti di condivisione, per cercare di capire loro stessi e il mondo che li circonda, ai loro occhi così diverso e gelido rispetto agli anni in cui erano universitari, contestatori del Sistema e pieni di speranze.

Ed ecco il punto: non ti pare familiare il fatto che persone diverse si ritrovino in un certo luogo e in un certo momento per condividere e ricordare avvenimenti del passato? Se sì, è perché hai in mente Facebook, luogo dove allo stesso modo siamo catapultati assieme a persone che abbiamo conosciuto in diversi momenti della nostra vita, delle quali avevamo perso traccia magari, e che grazie ad un avvenimento comune si riavvicinano, seppur virtualmente, alla nostra esistenza. Quante volte abbiamo condiviso su Facebook pensieri e ricordi con amici del liceo o della nostra infanzia che non vedevamo da tempo?

Ne Il Grande Freddo succede la stessa cosa. Succede anche che nella cerchia di vecchi amici si aggiunga anche una figura fin lì sconosciuta praticamente a tutti, la giovanissima Chloe. Lontana dai ricordi e dalle esperienze passate vissute dagli amici, rimane silenziosa e avulsa da tutte le loro preoccupazioni, salvo poi decidere di intraprendere una relazione con il tormentato Nick. Su Facebook non capita la stessa cosa?

Se il social network di Zuckerberg resta il paradigma di base per questa mia teoria, ci sono alcuni momenti del film che richiamano espressamente all’utilizzo che oggi facciamo noi della tecnologia. Durante il weekend infatti, alcuni dei protagonisti si riuniscono per guardare in diretta la partita di football della loro squadra dell’Università. Sono tutti raccolti nel salotto, e ovviamente non mancano commenti e sfoghi verso la partita: alcune opinioni dei presenti sono dirette, altre più intelligenti. C’è chi se la prende con l’allenatore, chi con qualche giocatore. Si esaltano o si disperano all’unisono. Altri invece parlano di tutt’altri argomenti e non sono particolarmente interessati alla partita (Michael confida a Meg di sapere che lei vuole avere un figlio, e che vorrebbe concepirlo in quel weekend, solo che a lui non l’ha ancora chiesto).

Tutto ciò non ricorda le live di Twitter? Persone diverse commentano simultaneamente un evento, permettendo all’altro di conoscere ed eventualmente controbattere la propria opinione. Il tutto mentre diversi flussi di argomenti si muovono nello stesso momento, che tutti possono osservare (Chloe ridacchia quando sente Meg che si rifiuta di concepire un figlio con Michael).

Se nell’intervallo della partita ci mettete anche il fatto che alcuni di loro decidono di giocare a football, immortalati dalla macchina fotografica di Meg, potremmo avanzare l’ipotesi di avvicinamento verso Instagram, ma anche ai miei occhi il tentativo è debole. Non scomodiamo il social delle foto per eccellenza.

Però un altro punto d’incontro secondo me strabiliante proviene da due scene separate, ma che hanno la stessa radice: la condivisione della propria dimensione lavorativa. In una scena, Harold e Nick fanno del jogging mattutino arrivando fino alla cittadina deserta e ancora assopita: Harold confida a Nick che una grande multinazionale sta per comprare la sua piccola catena di negozi di scarpe, e consiglia all’amico di acquistare le quote azionarie in modo da arricchirsi anche lui, nonostante l’illegalità della confessione (negli Stati Uniti è vietato rivelare questo tipo di notizie ai non azionisti delle società quotate in borsa). In una scena precedente, durante il ricevimento del funerale Michael confida a Sam di voler abbandonare il giornalismo e di voler aprire un club a New York, e viscidamente decide di rimanere poi nel weekend solo quando Sam si mostra molto interessato a partecipare all’affare.

Sia Nick che Michael hanno, di fatto, trovato un lavoro o perlomeno la possibilità di arricchirsi e cambiare la loro vita e le loro professioni, attraverso la rete di condivisione creata dai contatti di vecchia data. Proprio come succede con LinkedIn, la rete per professionisti del lavoro, nella quale ci si scambia informazioni, si discute di lavoro, e si aprono opportunità. Alla base, tutto sommato non c’è nessun progresso tecnologico, il lavoro si è sempre alimentato tramite reti di conoscenze, ma è sorprendente come in un film del 1983 si ritrovino dinamiche normali per il Web 2.0. Il lavoro te lo crei con la condivisione.

Il caso per me più eclatante è però la scena del ritrovamento di una telecamera da parte di Nick. Egli la sistema su un cavalletto e comincia a filmarsi seduto in poltrona, come se fosse in un personal one man show, fatto di domande e risposte formulate da sé stesso. Se stai pensando ai Vlog su Youtube, ci hai preso in pieno.

Capisco le tue obiezioni: e la condivisione? Nel film c’è! Infatti ad un certo punto tutti i protagonisti si ritrovano a guardare insieme e commentare le riprese di queste “sedute analitiche”, realizzate poi anche da Sam e Michael, nelle quali i protagonisti si aprono a confessioni sulla vita, il loro modo di affrontarla, la razionalizzazione, in uno degli scambi di battute più belle del film:

Michael: “Chi arriverebbe a fine giornata senza due o tre razionalizzazioni?Sono più importanti del sesso!”

Sam: “Oh ma andiamo, niente è più importante del sesso…”

Michael: “Ah sì? Reggi una settimana senza razionalizzare!?”

Ecco quindi che la condivisione dei sette protagonisti si fa completa, e retta su più fronti, alimentata attraverso diversi momenti del loro weekend e soprattutto dai contenuti delle loro condivisioni. Le loro vite, i loro ricordi come anche le loro visioni e opinioni sulla vita, su cosa è stato il passato e come prevedono il futuro, sono tutte messe sul piatto, sviscerate e rese pubbliche.

Proprio come agiamo noi, a volte nascondendoci dietro uno schermo e una tastiera, ma il più delle volte lasciando nella Rete aspetti della nostra esistenza e visioni del mondo che in un altro momento, o in certi casi, non avremmo mai condiviso con nessuno.

Il Grande Freddo ci ha anticipato quello che avremmo poi fatto in questi ultimi anni, dicendoci che le esperienze, le idee e le opinioni hanno un senso solo se condivise, e fatte girare, perché raccontano noi stessi meglio di noi.

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